La guerra

“La notte prima di partire per Saigon ricevo una telefonata dalla Italcable di Roma. La centralinista, un po’ titubante, mi avverte che è arrivato a mio nome un cablogramma, evidentemente cifrato. Porta la firma Egisto Corradi. Può leggermelo al telefono? Permesso accordato. Iniziò a leggerlo. A stento non scoppiai in una risata. Corradi, il grande inviato del Corriere della Sera mi pregava di mettere in valigia parmigiano reggiano e salame di Felino. E le parole significavano esattamente quello che dicevano: da tempo obbligato alla cucina vietnamita aveva un gran voglia di un po’ di sapore italiano. Altro che cablo cifrato! Anche se arrivava da una zona di guerra e, presumibilmente, sottoposto a censura….”.

05-vietnam eAngelo Cozzi a Saigon durante l’offensiva del Tet, il capodanno vietnamita.

Angelo inizia in questo modo, leggero, a raccontare il suo Viet-Nam. Un modo per esorcizzarne le brutture. Angelo non parla volentieri delle sue esperienze di guerra. C’è una dolorosa ritrosia nel tornare con la memoria ai momenti vissuti. Ananke e pìetas si alternano, forse inconsapevoli. Il Destino dei Greci temperato dalla pìetas dei Romani. La guerra del Viet-Nam rappresentò, per la nostra generazione, un complesso nodo, in parte ancora da sciogliere.  “…in tutte le guerre le prime vittime sono loro, i bambini…” dice Angelo mentre scorriamo foto di piccoli, dagli occhi spalancati su un futuro che nessuno può sapere. “…ho sempre cercato di mettermi, anche fisicamente, alla loro altezza, per vedere il più possibile il mondo con i loro occhi…”.

E’ vero, se osserviamo le foto di Angelo il punto di ripresa non è quello solito degli occhi dell’adulto. E’ quello del bambino. E’ pìetas.

02-ke sanI pantaloni scuciti del marine di Khe-Sanh non sono povertà d’equipaggiamento, ma necessità di vita. I colpi di mortaio cadevano frequentissimi e non potevi farti sorprendere con i pantaloni abbassati per i bisogni corporali. Sarebbero stati un impedimento al gettarsi nella trincea più vicina. Meglio scucire il cavallo dei pantaloni.

Scorriamo altre foto. Luoghi resi famosi dalle cronache dell’epoca: il ponte a Y di Saigon…la base assediata di Khe Sanh. Una enclave nella foresta che fu l’incubo di chi paventava una nuova Dien Bien Phu. Attorno, le colline da cui le divisioni del generale Giap sparavano con i mortai. Il generale Giap, proprio quello che vinse i Francesi. Khe Sanh poteva essere raggiunta solamente per via aerea, e con grandissimo rischio. I C130 che portavano rifornimenti e caricavano feriti non si fermavano, ma rullavano, dando motore poco prima del termine della pista. In quel poco tempo, dalla pancia del grosso aereo cadevano casse di materiali, saltavano i soldati dei rincalzi, frettolosamente i barellieri caricavano feriti. “ …e appena saltato – racconta Angelo – dovevi correre più veloce che potevi in una precisa direzione, se prendevi l’altra eri sotto il tiro diretto dei Viet… Angelo fu tre volte a Khe Sanh: due per il cielo e l’ultima via terra. Anche di questa fu compagna Ananke.

06-vietnam fLa foto di Angelo che la Domenica del Corriere pubblicò a corredo del servizio su Khe-Sanh.

Il destino inconsapevole fu quello che lo portò, aggregato alla pattuglia Delta del I° Cavalleria Elitrasportato, a testimoniare la rottura dell’assedio… per via terra. Racconta Egisto Corradi, collega di Cozzi da Saigon:”…Angelo dapprima si è unito ai tre battaglioni di marines che costituivano la colonna corazzata diretta a Khe Sanh…poi si è unito alla compagnia Delta del I° Cavalleria Elitrasportata che, dopo un combattimento con un reparto di retroguardia dei Viet-Cong, ha raggiunto Khe Sanh il sette aprile…”. Poi, Corradi, passa direttamente la parola ad Angelo. Un esempio di onestà professionale non scontata.

03-tesseraUna volta ottenuto l’accredito, il fotografo poteva recarsi ovunque, approfittando dei mezzi militari. Vestiva la divisa USA ed aveva il grado di colonello.

Sappiamo di molti inviati speciali che scrivono le loro corrispondenze da una stanza d’albergo, utilizzando le notizie riportate dai fotografi. ”…per coprire non più di cinque chilometri su e giù per le colline attorno alla base, abbiamo marciato dall’alba a metà pomeriggio tra enormi crateri di bombe sganciate dai B52, le Fortezze Volanti… trinceramenti, bunker, armi e materiali abbandonati da poche ore….ad ogni cratere, ad ogni bunker i soldati dovevano avanzare con cautela, controllare che non vi fossero nord vietnamiti, mine nascoste, trappole….quando la piana di Khe Sanh comparve d’improvviso, dietro l’ultima altura, triste come un cimitero, alcuni neri della Delta, presero a cantare sommessi, sull’aria di una famosa canzone jazz: oh wen the cav go marchin’ in hymne…. Che tradotto significa…quando il 1° Cavalleria marcia cantando…”. E alla nostra mente riaffiorano, dai secoli, le parole di Senofonte: thalatta, thalatta , il mare, il mare, gridavano gli opliti greci, finalmente in vista della loro meta. Cento erano i soldati della compagnia Delta partiti alla volta di Khe Sanh, cinquanta scesero l’ultima collina. Gli altri tornarono in elicottero, feriti o uccisi. Ananke.

04-vietnam bIl tesserino che permetteva di frequentare la sala stampa dello Stato Maggiore a Saigon.

Furono proprio i feriti che dovevano essere evacuati a impedire ad Angelo di salire sull’elicottero che l’avrebbe riportato indietro, da dove era partito la mattina. In Viet Nam, il corrispondente di guerra poteva andare dove voleva grazie alla cosiddetta terza precedenza sui mezzi militari: prima venivano solamente le truppe operative e i feriti. I feriti furono tanti e Angelo dovette seguire i superstiti della Delta che si aprivano la strada tra le colline. Ananke gli permise fotografare la storica stretta di mano tra il marine Miguel Santaella, non più assediato, e il cavalleggero James Hellebuick, della Compagnia Delta, venuto a liberalo. Stretta di mano al di sopra del reticolato, perché non erano ancora state disattivate le mine poste a difesa del perimetro. Ananke, sempre a Khe Sanh, regalò ad Angelo il suo più bel onomastico.

07-vietnam gUno dei vantaggi del fotografo di guerra inviato da un giornale e il free-lance, sta anche in questo: l’assicurazione che il giornale stipula a favore dell’inviato… o dei suoi eredi.

“ …una settimana dopo, il 13 aprile, tornai per fotografare la colonna corazzata dei marines arrivata nel frattempo. Da lì dovevo rientrare a Saigon il 15, giorno del mio onomastico, con l’elicottero che evacuava i feriti. L’elicottero arriva, esco di corsa dalla trincea, assieme ai barellieri che trasportano i feriti. Proprio in quel momento, a circa quattrocento metri, arriva un colpo d’artiglieria. I reparti Nord Vietnamiti non avevano ancora abbandonato del tutto le colline. Forse stavano aggiustando il tiro proprio sul nostro elicottero. Avvenne tutto in un attimo. I barellieri mollarono i feriti sulla pista correndo al riparo, il pilota diede motore, io mi trovai davanti agli occhi il pattino dell’elicottero che si alzava. Fu un riflesso condizionato. Lo afferrai e rimasi appeso per aria. Non avrei potuto resistere molto. Proprio mentre lo pensavo una mano afferrò il bavero del mio giubbotto antischeggia e mi tirò dentro.

09-vietnam qIl settimanale Tribuna Illustrata, nel numero del 16 giugno del 1968, pubblicò un lungo servizio sulla vita dei fotografi guerra, vista attraverso gli occhi della famiglia. Protagonista della storia Angelo Cozzi e la moglie Elena Zennaro.

Era quella del mitragliere. S’era accorto della mia presenza e, sporgendosi dal portellone aperto, mi aveva tirato su. In mezzo ai feriti che aveva caricato prima di Khe Sanh. Uno non ce la fece e morì in volo. Non ebbe la mia fortuna. Non avessi avuto il giubbotto allacciato, il mitragliere sarebbe rimasto con quello in mano ed io sarei precipitato a terra. Quello fu il mio più bel giorno di onomastico. Se sono qui, a raccontarlo, devo ringraziare quel dimenticato mitragliere. E, forse, qualcuno, lassù, che quella mattina mi fece allacciare ben stretto il giubbotto. Lo portavo sempre slacciato”.
 ““…sul numero 18 (della Domenica del Corriere n.d.r.) è andato il tuo stupendo servizio sulla Compagnia Delta in marcia verso Khe Sanh. Avrei voluto 20 pagine per darlo bene….abbiamo messo una tua fotografia perché te la meritavi…”. Da una lettera inviata ad Angelo presso l’Hotel Mandarine di Hong Kong da Guglielmo Zucconi, all’epoca direttore della Domenica del Corriere.
“…quando ripasso l’elenco dei fotografi sono un pochino fiera anche io che tu stai molto degnamente con Larry Burrows, Marc Riboud e Don Mc Cullin in questo libro che raggruppa le migliori foto della guerra di Vietnam. Cordialissimi saluti e complimenti, Ann L.Natanson –Time Life Books”. L’italiano è un po’ zoppicante ma chi non lo sapesse l’autrice dei complimenti è la mitica, per i fotografi del tempo, Ann Natanson, responsabile dell’ufficio italiano di Time-Life. Gli attestati di Zucconi e Natanson sono scritti sulle relative carte intestate. Nell’archivio di Angelo trovo anche un'altra dedica.

01-oriana fallaciLa dedica autografa di Oriana Fallaci ad Angelo Cozzi nel libro “Niente e così sia”. Angelo e Oriana si trovarono spesso a coprire, per giornali diversi, gli stessi avvenimenti.

A pennarello una calligrafia decisa, dalle lettere grandi:” All’amico Angelo Cozzi, che visse con me la crudeltà e l’idiozia d’una guerra del nostro tempo, la guerra in Vietnam…” Porta la data 1979 e la firma di Oriana Fallaci. E’ sulla pagina detta prima romana, quella destra, prima dell’inizio, del suo libro “ Niente e così sia”. La guerra è anche nei piccoli episodi surreali che la costellano. I difensori tedeschi delle spiagge di Normandia stupirono nel vedere una Scottish Royal Guard passeggiare lungo la battigia suonando, alla cornamusa, Scotland The Brave. Attorno sibilavano pallottole, tuonavano granate, cadevano soldati. Scotland The Brave si udì fino a sera quando, chi lo suonava, poté riposare, indenne. “ …Oriana giunse a Saigon con l’offensiva Vietnamita ancora in pieno svolgimento- racconta Angelo- appena scesa dall’aereo si fece portare dove più forte si sentiva il rumore dei combattimenti: il ponte “greco”  perché fatto a Y. Americani e Sud vietnamiti da un lato, Nordvietnamiti e Viet-Cong dall’altro. Scese dal taxi elegante nella sua camicetta firmata. Io ero steso a terra, riparato dal rialzo del marciapiede. Oriana vede il blindato americano che stava in mezzo al ponte. Si avvicina decisa, e si mette a inveire contro la guerra americana. Si apre la torretta e spunta il carrista che la invita, non credo con parole gentili, a togliersi di torno: è proprio in mezzo al tiro incrociato delle due parti. Fosse rimasta ferita avrebbe fatto rischiare la vita a chi la soccorreva. Oriana inveisce, il carrista la manda a quel paese e scompare nella torretta. In quel momento, riflesso condizionato, alzo la macchina a la fotografo. Ero convinto che quella fosse l’ultima foto di Oriana, da viva….”. Quella foto, alcuni mesi più tardi, Cozzi gliela portò in un ospedale di Città del Messico, dove era stata coinvolta nella strage di Piazza delle Tre culture. Erano in Messico entrambi a coprire le Olimpiadi.…..Ma questa è un’altra storia.

08-vietnam p

Il libro è oramai esaurito. E’ una dolente raccolta di testimonianze per immagini, di Angelo Cozzi, e scritte, di Egisto Corradi sulla guerra del Viet-Nam.

Chiudo con la prefazione al libro La Guerra, oramai esaurito, firmato da Angelo Cozzi ed Egisto Corradi. “ nel volume, come apparirà evidente al lettore, si sente un fondo di amarezza. L’amarezza di essersi illusi, sia pure per qualche istante, di avere dato, con i loro scritti e la loro fotografia, un minuscolo contributo a rendere meno facile lo scatenarsi di future guerre. Purtroppo la realtà li ha più volte smentiti. Tuttavia Corradi e Cozzi pensano che il loro libro, nella sua crudezza, possa essere utile anche a qualche giovane. Utile a fare riemergere tra i ricordi, alcuni dei quali già nebulosi, un sentimento assoluto di negazione e condanna della guerra, di ogni guerra.”.

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